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Lavoro ed emergenza caldo, le imprese possono chiedere la cassa integrazione se si superano i 35 gradi.

Lavoro ed emergenza caldo, le imprese possono chiedere la cassa integrazione se si superano i 35 gradi.

by Amministratore Sistema -
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Le ondate di caldo sono un problema anche per il lavoro, dove lo "stress termico" si traduce in un aumento dei rischi ai quali sono sottoposti gli addetti. Un fenomeno particolarmente rilevante perché la perdita di attenzione e la minore prontezza a reagire agli eventi imprevisti fanno crescere le possibilità di incorrere in un infortunio: settori come l'edilizia e l'agricoltura sono particolarmente esposti, per ovvie ragioni legate alla modalità di lavoro.

Alla luce di queste considerazioni, che purtroppo sono testimoniate da qualche caso di cronaca di questi giorni, Inps e Inail hanno diffuso le istruzioni per la gestione del rischio caldo e per l'accesso alle prestazioni cassa integrazione ordinaria per sospensioni o riduzioni dell'attività lavorativa dovuta a temperature elevate. In sostanza, spiega una nota congiunta dei due istituti, "le imprese potranno chiedere all'Inps il riconoscimento della Cigo (cassa integrazione ordinaria) quando il termometro supera i 35 gradi centigradi. Ai fini dell'integrazione salariale, però, possono essere considerate idonee anche le temperature "percepite".

Si tratta di ricorrere alla causale "eventi meteo" che è invocabile dall'azienda anche in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa a causa delle temperature elevate, ovvero sopra i 35 gradi. "Tuttavia, anche temperature inferiori al predetto valore possono essere considerate idonee ai fini del riconoscimento dell'integrazione salariale, atteso che la valutazione sull'integrabilità della causale in questione deve essere fatta con riferimento non solo alle temperature registrate dai bollettini meteo ma anche a quelle "percepite", che notoriamente sono più elevate rispetto a quelle reali, tenuto conto della particolare tipologia di lavorazione in atto".

La comunicazione dà anche alcune casistiche: "I lavori di stesura del manto stradale, i lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, le lavorazioni all'aperto che richiedono indumenti di protezione, ma anche tutte le fasi lavorative che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l'utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore".

Le aziende, inviando la domanda per la cassa e la relazine tecnica allegata, devono solo "indicare le giornate di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, mentre non è tenuta a produrre dichiarazioni - di Arpal o di qualsiasi altro organismo certificato - che attestino l'entità della temperatura, né a produrre i bollettini meteo". Sarà infatti l'Inps stessa ad "acquisire d'ufficio i bollettini meteo e a valutarne le risultanze anche in relazione alla tipologia di attività lavorativa in atto". In ogni caso, indipendentemente dalle temperature rilevate nei bollettini, "l'Inps riconosce la cassa integrazione ordinaria in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell'azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive".

"Ogni anno l'Inail stima oltre 4mila infortuni direttamente collegati al caldo, soprattutto tra i giovani (perché meno esperti), impiegati nel settore delle costruzioni e nelle aziende di piccole dimensioni", spiegava pochi giorni a Repubblica fa Marco Morabito, ricercatore del Cnr che conduce il progetto Worklimate, proprio insieme all'Inail ed altre istituzioni: una iniziativa per comprendere i nessi tra caldo e lavoro e prevenire i rischi di infortunio o sulla salute in genere, che aumentano con il salire della colonnina di mercurio.

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